L’ETÀ
NEOCLASSICA IN EUROPA
Il
neoclassicismo è la tendenza artistico-letteraria che trova la sue espressione
nel periodo compreso tra la metà del secolo XVIII e i primi dell’Ottocento e,
in particolare, negli anni tra lo scoppio della Rivoluzione francese (1789) e
la caduta di Napoleone e la conseguente affermazione della Restaurazione in
Europa (1815).
Pur avendo
precedenti in epoche anteriori, nel Settecento l’interesse per l’antico si
caricò di una tensione e di un fervore assolutamente nuovi. I monumenti
dell'arte greca e romana furono presi ad esempio per la loro perfetta armonia.
Particolare importanza nello sviluppo del Neoclassicismo hanno avuto gli studi
sulle civiltà antiche e le scoperte archeologiche.
I recenti scavi
di Pompei ed Ercolano, le due città sepolte dall'eruzione vesuviana del 79 d.
C., diedero luogo allo "Stile
pompeiano". In Francia, con l'avvento di Napoleone, questa tendenza si
chiamerà "Stile Impero",
che aggiunge agli elementi classici quelli importati dall'Egitto.
I modelli formali
classici e i loro ideali vennero utilizzati in senso simbolico e adattati alle
esigenze politiche dei vari stati, da quelle libertarie delle rivoluzioni
(francese e americana), a quelle
celebrative del periodo napoleonico.
Vennero
istituiti nuovi organismi per la tutela del patrimonio artistico.
I reperti
archeologici non solo costituivano una fonte preziosa per gli studiosi, ma
incidevano profondamente sulla mentalità collettiva e sugli aspetti del costume
e della moda.
Luogo
privilegiato per comprendere il complesso fenomeno della riscoperta
dell’antico, l’Italia tornò ancora a polarizzare gli interessi dell’Europa
intera. La tensione a ritrovare l’antico spingeva eruditi, artisti, uomini di
cultura al viaggio in Italia: le tappe del Grand
Tour includevano Napoli, le città vesuviane, la Sicilia, Roma.
Ciò che distingue nettamente il Neoclassicismo da altri precedenti riferimenti al grande patrimonio della classicità, succedutisi nel mondo occidentale, è che esso si pose esplicitamente, per la prima volta, il problema di una teorizzazione dell'arte. Non a caso intorno alla metà del sec. XVIII si formò un'autonoma scienza dell'arte, cioè l'estetica, e vennero affermati l'autonomia del fare artistico e il suo riferirsi a ideali specifici del suo campo, cioè estetici (il termine “estetica” fu introdotto nel 1953 dal filosofo tedesco Alexander Baumgarten). Sulla base del profondo rinnovamento apportato nella cultura europea dall'Illuminismo, la teorizzazione neoclassica prese vita a Roma negli scritti di A. R. Mengs (Pensieri sulla bellezza e il gusto nella pittura, 1762) e di J. J. Winckelmann (Storia dell'arte nell'antichità, 1764). La razionalità illuminista è alla base di scelte che non si riferiscono più alla natura come fonte di ispirazione, ma a un modello di bellezza ideale, rintracciato nell'arte greca, caratterizzata, secondo Winckelmann, da «una nobile semplicità e una quieta grandezza».
Agli inizi,
l’antico era spesso vissuto dagli artisti in una proiezione fantastica,
liberamente manipolato in aggregazioni suggestive e anticlassiche, come nelle
vedute di Giovan Battista Piranesi.
Negli ultimi
decenni del secolo, il passato, ormai indagato e conosciuto, verrà più
esplicitamente individuato come modello.
Per tutti, il
riferimento classicistico sembrava il miglior antidoto contro le stravaganze e gli
illusionismi pittorici del Barocco e le frivolezze del Rococò. Un altro aspetto
importante di questa opposizione consisteva nel rifiuto dei soggetti edonistici
e licenziosi (improntati sul piacere), espressione di una società gaudente e
disimpegnata.
L’arte aveva il
compito di assumere finalità educative coinvolgendo maggiormente il pubblico
sul piano dei grandi valori civili come l’amor di patria e lo spirito di
sacrificio.
ANTONIO CANOVA
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